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Normativa sulla rimozione dell’amianto 

La presenza di amianto negli edifici rappresenta ancora oggi un serio problema di salute pubblica in Italia. Nonostante il divieto imposto dalla Legge 27 marzo 1992, n. 257, sono ancora moltissimi gli edifici che contengono materiali contenenti amianto (MCA), come coperture in Eternit, isolanti, tubazioni o rivestimenti. 
Conoscere la normativa sulla rimozione dell’amianto è essenziale per proprietari di immobili, amministratori condominiali e imprese, al fine di garantire la sicurezza di lavoratori e cittadini nel pieno rispetto della legge. 

Questo articolo sintetizza il quadro normativo italiano su bonifica, smaltimento e obbligo di rimozione dell’amianto, spiegando quando è necessario intervenire, le differenze tra i materiali, e le sanzioni previste in caso di inadempienza. 

Qual è la differenza tra amianto compatto e friabile? 

La normativa distingue due categorie principali di materiali: amianto compatto e friabile. La differenza tra i due è determinante per valutare il rischio e le modalità di intervento. 

L’amianto friabile è facilmente sbriciolabile e può liberare fibre nell’aria anche con una lieve pressione o vibrazione. È quindi il più pericoloso per la salute, in quanto le fibre inalate possono causare gravi patologie come asbestosi e mesotelioma pleurico. Esempi di materiali friabili sono rivestimenti a spruzzo, isolanti di tubazioni e pannelli fonoassorbenti. 

L’amianto compatto, invece, ha fibre inglobate in una matrice solida, solitamente in cemento. Il più noto è il cemento-amianto (Eternit), utilizzato per coperture, serbatoi e tubazioni. Se integro, presenta un rischio molto inferiore, poiché le fibre restano legate al cemento e non si disperdono nell’ambiente. 

Secondo il Ministero della Salute, in Italia sono ancora presenti oltre 32 milioni di tonnellate di MCA, in prevalenza amianto compatto. 
Dal punto di vista normativo, per l’amianto friabile vige un obbligo di bonifica più rigoroso e tempestivo, mentre per l’amianto compatto la legge prevede la valutazione dello stato di conservazione e un monitoraggio periodico. 

Obbligo rimozione amianto: normativa di riferimento 

La Legge 257/1992 è il pilastro della normativa italiana sulla rimozione dell’amianto. Essa vieta estrazione, importazione, produzione e vendita di amianto e dei prodotti che lo contengono. 
A questa legge si affiancano diversi decreti e regolamenti che definiscono le procedure tecniche e operative. 

Il Decreto Ministeriale 6 settembre 1994 stabilisce le metodologie per la valutazione del rischio, la manutenzione e la bonifica. Introduce anche l’obbligo di predisporre un programma di controllo e manutenzione per ogni edificio con presenza di MCA. 

Il Decreto Legislativo 9 aprile 2008, n. 81 (Testo Unico sulla Sicurezza sul Lavoro), al Titolo IX, Capo III, disciplina la protezione dei lavoratori esposti ad amianto, stabilendo valori limite di esposizione, misure preventive e obblighi di notifica alle autorità competenti. 

Inoltre, il D.M. 18 marzo 2003, n. 101 impone ai proprietari di immobili di effettuare un censimento dei materiali contenenti amianto e di comunicarne la presenza alle ASL. La mancata comunicazione comporta sanzioni amministrative. 

Una volta accertata la presenza di MCA, il proprietario deve richiedere una valutazione del rischio a un tecnico qualificato. Questa analisi valuta: stato di conservazione, posizione, friabilità e potenziale di esposizione
L’esito determina un indice di degrado, in base al quale si decide se procedere con un monitoraggio periodico, un intervento di incapsulamento o la bonifica urgente. 

È importante sottolineare che non esiste un obbligo immediato di rimozione dell’amianto compatto se in buono stato. La legge privilegia una gestione basata sul rischio effettivo: se il materiale è integro, può essere mantenuto sotto controllo; se invece mostra deterioramento o un indice di degrado elevato, la rimozione diventa obbligatoria. 

Ogni Regione italiana può emanare normative integrative, prevedendo obblighi aggiuntivi di mappatura, censimento e bonifica. È quindi fondamentale verificare le disposizioni regionali oltre a quelle nazionali. 
Per ulteriori informazioni, è possibile consultare la sezione dedicata all’amianto sul sito del Ministero della Salute o contattare la ASL territoriale competente. 

Quando non vige l’obbligo di rimozione dell’amianto? 

La normativa sull’amianto non impone la rimozione immediata in tutti i casi. Se il materiale è compatto e ben conservato, la legge consente di optare per un programma di controllo e manutenzione, previsto dal D.M. 6 settembre 1994, invece della bonifica. 

Un programma di controllo e manutenzione deve includere: 

  • ispezioni visive periodiche; 
  • valutazione dell’indice di degrado secondo i parametri ministeriali; 
  • manutenzione ordinaria per evitare danni ai manufatti; 
  • registrazione delle verifiche effettuate; 
  • aggiornamento costante della valutazione del rischio. 

La frequenza dei controlli dipende dallo stato dei materiali: in genere una volta l’anno per amianto compatto, più frequentemente per materiali deteriorabili o in ambienti sensibili (scuole, ospedali, impianti industriali). 

In alternativa alla rimozione, la normativa consente due tecniche di bonifica indiretta

  1. Incapsulamento – trattamento del materiale con prodotti che inglobano le fibre, riducendone la dispersione. 
  1. Confinamento – separazione fisica del materiale contenente amianto mediante barriere a tenuta, impedendo il contatto con le persone. 

Entrambe le tecniche richiedono un piano di manutenzione e controllo costante, perché la loro efficacia dipende dal mantenimento delle condizioni nel tempo. 

L’assenza di obbligo di rimozione non solleva il proprietario dalla responsabilità. Egli resta responsabile della sicurezza e deve garantire che il materiale non rappresenti un rischio per la salute. Se durante i controlli emergono segni di degrado, la bonifica diventa obbligatoria. 

Esistono inoltre casi in cui la rimozione è obbligatoria anche senza deterioramento: 

  • ristrutturazioni, demolizioni o rifacimenti dell’edificio; 
  • cambio di destinazione d’uso dell’immobile (es. trasformazione in scuola o struttura sanitaria); 
  • interventi che comportano rischio di rilascio di fibre durante i lavori. 

In tali situazioni, la rimozione preventiva dell’amianto è imposta per legge. 

Quali sono le sanzioni a cui si va incontro se non ci si occupa dell’amianto? 

La mancata osservanza della normativa sulla rimozione dell’amianto comporta sanzioni amministrative e penali, oltre a gravi conseguenze civili. 

Sanzioni amministrative 

L’art. 12 della Legge 257/1992 e le disposizioni regionali prevedono multe da 2.582 a 15.493 euro per chi non effettua la comunicazione obbligatoria di presenza di MCA o omette il programma di manutenzione. Le Regioni possono stabilire importi più elevati. 

Sanzioni penali 

Il D.Lgs. 81/2008, all’articolo 257, prevede arresto da 3 a 6 mesi o ammenda da 2.740 a 7.014 euro per chi effettua lavori di bonifica senza notifica all’organo di vigilanza o senza adottare le misure di sicurezza previste. 

Chi esegue bonifiche abusive senza iscrizione all’Albo Nazionale Gestori Ambientali – Categoria 10 rischia sanzioni penali e il sequestro dei materiali, oltre all’obbligo di ripristino delle condizioni di sicurezza a proprie spese. 

Gestione illecita dei rifiuti contenenti amianto 

Lo smaltimento illegale di MCA è punito dal D.Lgs. 3 aprile 2006, n. 152 (Codice dell’Ambiente). 

  • L’abbandono di rifiuti contenenti amianto comporta una multa da 1.000 a 10.000 euro. 
  • Se i rifiuti vengono abbandonati in modo pericoloso o in quantità rilevanti, si configura il reato di gestione illecita di rifiuti pericolosi, punito con arresto fino a 2 anni e ammenda fino a 26.000 euro. 

Responsabilità civile 

In caso di danni alla salute di lavoratori o cittadini esposti, il proprietario o il responsabile dell’immobile può essere condannato al risarcimento civile, che può raggiungere cifre elevatissime. 
Le malattie asbesto-correlate (asbestosi, mesotelioma, carcinoma polmonare) hanno lunghi periodi di latenza, anche di 20-40 anni, ma possono generare azioni legali anche a distanza di decenni. 

Le sanzioni possono essere applicate a: 

  • proprietari privati; 
  • amministratori condominiali; 
  • enti pubblici; 
  • imprese o gestori di edifici con presenza di amianto. 

Le ASL e gli organi di vigilanza ambientale effettuano controlli periodici. In caso di inadempienza, possono imporre ordinanze di bonifica con termini perentori; se il proprietario non interviene, la bonifica può essere eseguita d’ufficio con addebito delle spese e maggiorazione amministrativa. 

Per evitare sanzioni e rischi sanitari, è sempre necessario rivolgersi a imprese autorizzate, iscritte all’Albo Gestori Ambientali, e a tecnici qualificati per la valutazione del rischio e la redazione dei piani di bonifica. 

Conclusioni 

La gestione dell’amianto in Italia è una responsabilità diffusa che coinvolge proprietari, amministratori e imprese. 
Conoscere la normativa sulla rimozione dell’amianto non è solo un obbligo legale, ma anche un dovere civico verso la salute pubblica. 

Gestire la presenza di amianto non è mai semplice: servono esperienza tecnica, competenze legali e conoscenza della normativa ambientale. 
Se sei proprietario di un immobile, capannone industriale o edificio con coperture in Eternit, agire correttamente è fondamentale per la sicurezza e per evitare sanzioni. 

 Richiedi una valutazione: i nostri tecnici qualificati effettueranno un sopralluogo e ti forniranno un report dettagliato sullo stato dei materiali, indicandoti le soluzioni più sicure e conformi alla normativa vigente.

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